28 November 2008

Annullo festa S. Francesco di Paola


Annullo Postale realizzato in occasione dei festeggiamenti per il cinquecentenario della morte del nostro Patrono.
Data: 3/8/2008
Località:Fossato Serralta Filiale: Catanzaro
Festeggiamenti protettore Fossato Serralta San Francesco di Paola
La leggenda:

Il nostro JOGALI (Jofà o Jugale, identico al Giufà, Giuxà, Giucà, Giuhà dei siciliani), il cui nome è pervenuto a noi (come afferma il prof. Dorsa nel suo saggio: “La tradizione greco-latina negli usi e nelle credenze popolari della Calabria Citeriore”, pg.4, Cosenza 1884) dall’India o, per altri studiosi, ha probabilmente un’origine araba; rappresenta, in Calabria, lo scemo del villaggio con lampi di genialità, dettati da un’innata furbizia, che gli fanno trovare la battuta giusta o la via d’uscita quando si trova nei guai. Vari i racconti di cui é protagonista, insieme alla madre perennemente disperata e in ansia per lui, nei quali la linea rossa che separa lo stupido dal saggio non è molto nitida e il personaggio si presta a tutte le situazioni e a tutte le interpretazioni.
Jogali e la trippa. (Fossato Serralta, CZ).
Una domenica, la madre di Jogali disse al figlio: “Va' al macello, e compra una trippa che devo fare il “morsello”. E Jogali andò. Dopo la portò a casa, e la madre gli disse: “Ora devi andare a lavarla dove c'è molta acqua”. E Jogali le rispose: “Va bene”. Si mise in cammino, arrivò alla fontana, e disse: “Qui c'è poca acqua”; e andò al fiume. Tornò a dire che vi era poca acqua. Cammina, cammina, andò al mare, e disse: “Qui si che c'è molta acqua!”, e cominciò a lavare la trippa. Dopo averla lavata, vide passare una barca, e si mise a far segni con la trippa. I marinai, credendo che fosse qualcuno che voleva imbarcarsi, si avvicinarono, e gli dissero: "Che cosa vuoi?". E Jogali rispose: “Vi pare che sia ben lavata questa trippa?” “Ah! Maledetto tu sia! Aspettaci, che ti accomodiamo noi”. Scesero dalla barca, lo bastonarono e dopo gli dissero: “Tu devi dire: Vento in poppa, marinai ricchi! Hai capito?”. Il povero Jogali si mise sulle spalle la trippa, e si avviò per andare casa; e per la via andava gridando: "Vento in poppa, marinai ricchi!". Arrivò a una casa, che stava bruciando e gridò: Vento in poppa, marinai ricchi! ...” “Ah! Maledetto tu sia!” gli dissero coloro che stavano spegnendo il fuoco. Tu devi dire: “Vento spenga! vento spenga!”. E lo bastonano. Cammina, cammina, arrivò in un podere dove stavano dando fuoco ad una fornace di calce, ma non potevano accenderla; e Jogali gridò: “Vento spenga! Vento spenga!...” Le persone, che stavano accendendo la fornace gli si avvicinarono e lo bastonarono di nuovo e il povero Jogali, a stento, se ne ritornò a casa. Non trovò la madre, che era andata alla messa, ed egli andò a trovarla in chiesa, portando con sé la trippa. Appena arrivato, trovò che il prete stava predicando, e diceva: “Per questa pancia, facciamo tanti peccati; per questa pancia andiamo all'inferno...”. Jogali credé che fosse per la trippa che aveva lui, e disse: “To', che non la voglio, che per questa trippa ho preso solo un sacco di legnate!”, e gliela scagliò addosso. Un cane, che era nella chiesa, si avventò sulla trippa, e, per miracolo, non addentò il prete. Il cane ne godette, e Jogali non poté mangiare il suo “morsello”… Digiuno e bastonato!

Il malochio e i funerali

Il malocchio.

Erano diffuse pratiche e riti strani per togliere il malocchio. Ci si serviva di piatti, olio, sale o addirittura tegole e tizzoni accesi, recitando lunghissime filastrocche.

Funeralia.
Le donne di Fossato durante i funerali cantavano i trivuli, nenie, si graffiavano il volto, si strappavano i capelli urlando e disperandosi. Continua la tradizione dei consuli, i pranzi preparati per i parenti del defunto.

La cucina tipica

La cucina tipica.
Origano, alloro e rosmarino rendono la cucina fossatese molto profumata. Legumi e minestre vengono cotti ancora nella pignatta vicino al caminetto, per poi essere gustati con un filo di olio di oliva. Come in tutto il resto della regione si fa abbondante uso di insaccati, che ognuno, nei mesi più freddi, prepara per la stagione estiva. Gli ampi castagneti forniscono frutti a volontà che vengono consumati durante tutto l'arco dell'anno, cotti (caldarroste, castagne infornate etc.) o crudi. Per quanto riguarda il vino, ogni famiglia provvede al proprio fabbisogno, vendemmiando in autunno.

Personaggi Storici

Personaggi Storici:
Antonio Domenico Cua
Architetto e matematico, nacque nella frazione Savuci il 4 agosto 1819 da Antonio e Rosa Riccelli. Nel 1841 incaricato dall'intendente della provincia di Napoli, progettò la riforma stradale per la livellazione e la distribuzione delle acque di molti comuni. Ventitreenne conseguì la laurea in Ingegneria e Architettura. Insegnò matematica nella Scuola militare e nel Collegio della Nunziatella. Nel 1855 fu chiamato a insegnare nella Regia Università di Napoli, geometria analitica. Divenne socio del Regio istituto d'incoraggiamento e dell'Accademia Pontaniana. Nel 1859 venne nominato con decreto regio socio corrispondente della società Economica della Calabria Ulteriore 2. Nel 1864 divenne Ingegnere direttore di S. M. Vertecoeli. Nello tesso anno entrò a far parte dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Fu il primo architetto della Chiesa del Rosario di Pompei. Seguì i lavori di costruzione dell'edificio sacro gratuitamente dal 1876 al 1883. Nel 1880 gli fu conferita la Croce di Cavaliere della Corona d'Italia. E' morto nella sua villa di Resina (Na), il primo settembre 1899.
Francesco Capillupi
Poeta, fu esule volontario in Marica per 48 anni. Tra le sue poesia si ricorda Caru Fossatu. L'amministrazione comunale gli ha dedicato un targa.
Raffaele Giordano
Nacque il 10 dicembre 1825 da Gerardo e Chiara Calogero. Terminati gli studi venne ordinato sacerdote. Fu canonico e tesoriere del Capitolo di Catanzaro. Nella stesa città guidò il convitto privato per le scuole elementari. Divenne, poi vicedirettore del seminario catanzarese. Morì il 22 dicembre 1989.
Francesco Pascente
Nacque il 2 febbraio 1805, da Ignazio e Francesca Pascente. Si conosce poco dei suoi studi giovanili. Di carattere rigido e austero, fu parroco della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Fossato. Ebbe un intenso rapporto con la burocrazia borbonica. Tenne nascosto a casa sua nel 1860 l'avvocato Antonino Greco di Vincolise, cospiratore condannato al carcere a vita. Grazie a un ingente finanziamento dei Borboni avviò la ristrutturazione della chiesa dell'Assunta, ma il sindaco d'allora Luigi Colao gli impose di togliere lo stemma borbonico. Il parroco non si piegò al volere del primo cittadino. Morì il 30 settembre del 1867.
Nicola Chimicata
Ufficiale della guardia di finanza nacque nella frazione Maranise il 22 aprile 1829. Fu parte attiva nella distruzione della banda brigantesca chiamata "dello Sciameo". Morì a Fossato il 23 novembre 1900.
Raffaele Giordano
Medico e letterato.

L'UNIVERSITA DI FOSSATO SERRALTA

L’Università di Fossato Serralta.
Il paese fu il più importante borgo dell'antica città di Trischene, o Tris Tabernacula, oggi Taverna, fondata da popolazioni risalite dalla costa in seguito alle continue incursioni e distruzioni operate dai saraceni. Questo borgo, allora chiamato casale, si trasferì sulle pendici dell'altipiano Serra Alta, sulla riva destra del fiume Alli, fra profondi burroni e torrenti, mentre Taverna gli stava di fronte, nella vallata del Litrello, sulla riva sinistra dello stesso fiume Alli. Chi furono i primi abitanti di Trischene (Taverna) e del borgo Casale (Fossato), vicini alla costa ionica, non ci è dato di sapere perché trattasi di tempi preistorici, cioè parecchi secoli prima della venuta di Cristo. Comunque, per diradare le tenebre di un'epoca leggendaria e nebulosa, ci rifacciamo a quanto gli storici hanno congetturato sulle origini di Taverna e così di Fossato, a seguito della distruzione anche della antica ed importante repubblichetta di "Uria", sita sulla costa ionica, tra le attuali Sellia Marina e Botricello. Dopo i tempi omerici, i greci emigrarono verso la Calabria e, fermatisi sulle coste, fondarono colonie. Seguirono altre distruzioni e trasferimenti che li costrinsero a risalire ancora, fin dove ora sono situati i nostri abitati. Così Fossato, come Taverna, dopo l'anno 981, si trasferì definitivamente nella nuova località, chiamata Serra Alta, fondandovi Fossato, al quale, per la denominazione della località stessa, fu aggiunto il nome di Serra Alta, e così "Fossato Serralta".Fossato Serralta, a quell'epoca, non solo si fortificò, ma dimostrò anche di essere saggia e preparata,con una forza propria, aumentando ancora di prestigio. Per queste qualità fu elevata a "Università", con giurisdizione territoriale ed amministrativa su altri paesi limitrofi. Fu così che dalla costa ionica risalirono in Fossato Serralta parecchie famiglie benestanti, perché si sentivano più sicure e protette, e fu così che una piccola chiesetta, o cappella privata, venne costruita nel rione San Rocco da parte della famiglia, certamente facoltosa chiamata dei "Donni Micheli", non meglio conosciuta (forse Don Michele), cappella costruita verso l'anno1200, limitrofa alle abitazioni costruitevi e dei terreni da questi acquistati. Dopo questa cappella privata, nel centro del paese, venne costruita la prima chiesa parrocchiale verso l'anno 1300 e venne intitolata a "Santa Maria delle Grazie", abbastanza grande, ad una navata centrale ed un laterale, oltre un piccolo campanile a fianco. Fossato, comunque, ha sempre vissuto una vita comunitaria particolarmente intensa, ricca di umanità; una vita che ha avuto senso nel culto della famiglia, della religione e del lavoro, una vita che resta nel cuore anche di coloro che, nati in questo lembo di terra del Sud in Italia, rivivono il ricordo personale o il racconto tradizionale delle proprie origini, in Italia, in Europa, in Australia e nelle lontane Americhe.

23 November 2008

Francesco CAPILUPI

Biografia

Nato l’8 maggio 1872 e morto a New York il 12 giugno 1968.
Emigrato negli Stati Uniti nel 1911 ebbe sempre nel cuore la sua Calabria,i luoghi cari della sua infanzia, gli amici che qui aveva lasciato;questi dolci ricordi si tramutarono in poesia sofferta, in segreto e struggente rimpianto per tante cose amate e perdute:ecco Nostalgia di Terra Lontana, edito nel 1957 nella” Collana di Calabria Letteraria” a cura di un comitato costituito per onorare la sua vita e la sua opera di calabrese fedele alla sua terra, di uomo di cultura che non tradisce le sue radici.
Di questa raccolta fa parte il poemetto “A Jinostra” in dialetto pentonese. Sono sedici sonetti che descrivono, con apprezzabile arte e precisione tecnica,le varie fasi della lavorazione della ginestra della quale, un tempo, si traeva una fibra piuttosto ruvida, forte, ben adatta a tessuti di tipo rustico,” ‘ A tila e jinostra”. La povera donna che nel poemetto del Capilupi impegna la sua faticosa giornata in questo lavoro è simbolo della nostra gente che la fatica non abbatte; sempre allegra e forte nelle vicende della vita, sempre operosa ed instancabile.

Il MASTRO CESTAIO

CHE NEI SECOLI HA TANTO ONORATO FOSSATO SERRALTA.
Nella foto: cestai di Fossato Serralta rievocano il lavoro del tempo della propria giovinezza.

Di Mario Amelio
Scrivere del mestiere dei cestai fossatesi mi riempie particolarmente di gioia e commozione per il legame speciale che nutro per questa arte (come la definiscono gli anziani del paese) in quanto provengo da una storica famiglia di cestai.
Di recente anche la Pro Loco di Fossato Serralta, che ha fra gli assunti iniziali quello del recupero dell’identità locale sotto tutti gli aspetti, ha rivolto notevole interesse alla presa di coscienza della ricchezza di questo antico mestiere dedicandogli un appuntamento fisso il 14 di agosto di ogni anno.
E’ un’arte che ha portato lustro e dignità alla comunità fossatese, frutto dell’ingegno e della capacità manuale dei miei concittadini, arte che per intere generazioni è stata il volano dell’economia interessando in maniera trasversale la quasi totalità della popolazione, coinvolgendo con i tempi di lavorazione la vita della comunità, dettando quasi il ritmo degli avvenimenti sociali.
Adesso il mestiere non si pratica più, rimangono solo qualche attrezzo di lavorazione e qualche laboratorio in parte smesso e grazie all’aiuto delle testimonianze dei vecchi mastri cestai, e ai pochi documenti scritti, si può cercare di definirne la storia e la tecnica.
Non ci è dato sapere le origini ed il perché il mestiere sia nato a Fossato Serralta, né quando questo abbia avuto inizio; probabilmente ha ragione Francesco Capilupi che nella sua breve “Storia dettagliata del mestiere di sportaro o cestaio” giustifica ciò per il fatto che le popolazioni locali della Presila Catanzarese, intorno all’anno mille, rifugiatesi in montagna dopo le estenuanti e distruttive incursioni saracene, dovettero inventare dei mestieri che sfruttassero le potenzialità dei luoghi.
I fossatesi non avendo risorse particolari nel proprio territorio notarono come il legname dei pini delle foreste della Sila fosse particolarmente spaccabile e pieghevole, tanto da prestarsi ad essere ridotto in fogli più o meno sottili e facilmente lavorabili. Intorno a questo, sviluppando una notevole capacità creativa e operosa, realizzando sporte e ceste per tutti gli usi; diventando nel corso dei secoli, in questo mestiere, degli specialisti particolarmente apprezzati.
Inizialmente si operava lo sfogliamento del legname a mano, successivamente, probabilmente all’inizio del novecento, fu inventata la “macchina dei pacchi”, sicuramente a opera di un fossatese. Pare che inizialmente fosse in legno e manuale, poi, successivamente, elaborata in acciaio (sempre manuale) e infine elettrica. Per la quasi totalità venivano fabbricate in una cittadina pugliese: San Giorgio Ionico.
La gestione era del tipo familiare coinvolgendo nelle varie fasi di lavorazione la totalità dei componenti con orari di lavoro massacranti: dalle prime ore del mattino fino a sera inoltrata. I luoghi di lavoro erano organizzati nei magazzini delle abitazioni, i cosiddetti “catoi”.
Per approvvigionarsi del legname si partiva per i boschi della Sila subito dopo la festa di San Francesco Di Paola, Protettore del paese, la seconda domenica dopo Pasqua, allontanandosi per lunghi mesi di lavoro con una grande quantità di provviste e con gli attrezzi necessari alla lavorazione.
Nel corso degli anni l’operazione di realizzare in montagna i pezzi di legname fu abbandonata con l’avvento dei mezzi di trasposto a motore che consentivano di trasportare i tronchi direttamente in paese, dove venivano successivamente ridotti nelle varie pezzature desiderate. Fino agli anni 70 il paese, per alcuni periodi dell’anno, era caratterizzato dalle torri di legname, posto ad essiccare, che definivano un paesaggio surreale.
Grande era la varietà dei prodotti di uso domestico, tanto preziosi che costituivano elementi essenziali nelle doti delle promesse spose, ma il successo commerciale avvenne in una esposizione commerciale a Roma dei pacchi per imballaggio: rettangolari e rotondi, di varia pezzatura con relativi coperchi.
Così lo sportaro fossatese divenne cestaio o fabbricante di cesti.
La notevole richiesta dei cestini per conservare frutta secca e per uso pacchi postali, (dovuto probabilmente alla leggerezza, alla resistenza, ed al fatto che permettevano la circolazione dell’aria), convinse molti fossatesi a trasferirsi per molti mesi dell’anno in Puglia, a Napoli, Reggio Calabria, Palermo. Si ha notizia che un fossatese fosse lavorante fisso presso il Palazzo Reale di Palermo, realizzando particolari cesti per imballare vestiti per l’allora alta borghesia palermitana. Si annotano trasferimenti di cestai anche a Roma e a Tunisi.
Con il passare degli anni, con l’avvento di sistemi più economici e forse più duraturi, la produzione dei cestini fossatesi si è progressivamente ridotta fino ad annullarsi del tutto, anche se la bellezza dei vecchi cesti, con il loro fascino di intrecci e colori, rimane ineguagliato.
Ora rimangono vivi i ricordi che hanno visto la Comunità Fossatese elevarsi economicamente, vivendo un periodo di benessere e prosperità. Sollevandosi dalla miseria, grazie alla propria creatività ed al proprio ingegno, alla propria capacità imprenditoriale; peregrinando con orgoglio in lungo ed in largo nel Meridione d’Italia; portando all’esterno della comunità il proprio prodotto: il prodotto del proprio lavoro, il frutto della cultura fossatese.
Un mestiere duro, forse qualche volta non appagante, ma dignitoso, che con orgoglio ha portato civiltà ad una intera comunità piena di fervore e essere operosità.
Cosa ci lascia questa storia oltre ai ricordi? Necessariamente ci insegna a affrontare la vita di tutti giorni con più tenacia, con maggiore fiducia in noi stessi, nelle nostre capacità; a vedere il futuro con più ottimismo.
E’ una storia di successi e di vittorie di tutta la comunità fossatese, dove il benessere era diffuso. Non una storia di pochi eletti, ma la storia di tutti. Non una storia di semplici emigranti, ma di gente di rango, di emigranti che portavano lavoro.
Una storia vera.
Architetto Mario Amelio Vic. Pres. Pro Loco Fossato Serralta
Foto d'epoca - cestai di Fossato Serralta -

21 November 2008

Monastero di S. Maria delle Serre


Una delle strutture piu antiche di Fossato Serralta è senza dubbio il Monastero di S. Maria delle Serre sul Monte Panaro detto anche Monastero Minore. Costruito verso il 640, ( ancora oggi presso S. Maria delle Serre sono visibili i ruderi siti sopra 1'attuale galleria del tratto di strada Provinciale Cafarda-Orazia), era detto minore in quanto il Maggiore era appunto quello di Pesaca Costruito nel X secolo dai monaci basiliani, il complesso di Santa Maria di Pèsaca sorge su un’altura che per secoli l’ha resa uno degli edifici più influenti, sia dal punto di vista politico che spirituale, su tutta l’area dell’odierna Taverna. Grazie alla sua posizione strategica rappresentò in più occasioni la fortezza dei tavernesi nel Medio Evo e nell’Età Moderna. Nessun nemico riuscì a violarne le mura, erette a protezione della Chiesa e dell’Abbazia, che però dovettero arrendersi al terribile sisma che interessò la Calabria nel 1783. Oggi non ne rimangono che pochi resti dai quali si intuisce l’antica imponenza del complesso abbaziale. I monaci basiliani, dal sesto secolo in poi, fondarono numerosi monasteri. Era divenuta grande la celebrità dei loro conventi e illustre la fama dei loro monaci. I monasteri diventarono asilo sicuro per i perseguitati, luoghi di cura per gli ammalati, albergo per i pellegrini, alloggio per i coltivatori delle terre, oasi di pace e serenita in tempo di turbolenza e di guerre, scuola per gli assetati di sapere, ostacoli, per le tirannie dei feudatari, baluardo alle incursioni barbariche ed alle secolari pressioni musulmane.





 







 

Vecchie Misure in uso a Fossato

Si è perso anche il ricordo delle vecchie misure utilizzate dai nostri nonni per i liquidi, per i solidi, per elementi alla rinfusa, le misure terriere, di lunghezza, anche di tempo, vecchie misure in uso a Fossato Serralta (CZ).


Misure per l’olio
o Mianzu quartu dalla capacità di ¾ di litro;
o U quartu dalla capacità di 1 litro e ½;
o U micagnu dalla capacità di litri 2 e ½;
o U menzu cafizzu dalla capacità di 8 litri;
o U cafizzu dalla capacità di 16 litri;
o U bumbuluni dalla capacità di 3 cafizzi, ovvero 48 litri.
Misure per il vino
o U litru;
o A jaschetta che conteneva circa lt. 1.1/4;
o A lanceddha dalla capacità di litri 7,250, 8, 10 a seconda della località;
o A menza sarma dalla capacità di 120 litri e quindi 12 lancedhi;
o A sarma dalla capacità di 240 litri e quindi 24 lancedhi;
o L’utri (utilizzata per il trasporto del mosto), di pelle di capra o pecora rivoltata, dalla capacità di circa 40 litri.
Misure per l’acqua
Veniva usate le misure decimali ovvero il litro, nelle irrigazioni invece la quantità di acqua veniva calcolata a minuti o ad ore, oppure nelle campagne a “gebbia”, cioè le vasche di irrigazioni costruite per raccogliere l’acqua di sorgive nelle campagne.
Le misure per i materiali solidi.
o A Canna corrispondeva a circa 1,40 metri, la pietra per costruire i muri era misurata a canna, circa un metro cubo, anche le tavole per i solai, mentre “i sbarretti” venivano misurate a mazzi, così come le travi portanti dette ciauruni” e “i travi” per la copertura. “i ciaramidi” venivano misurate a carrata, cioè la portata di un carro trainato dai buoi;
o A sarma per la calce viva che corrispondeva a circa otto “cofiniadhi”, le gerle di verga non scorticata intrecciate a maglie sottilissime che non permettevano la fuoriuscita del materiale;
o U parmu corrispondeva a circa 26 cm.
Le misure per i terreni Una volta i terreni venivano venduti ed acquistati a:
o A tuminati (riportato proprio così in alcuni vecchi documenti notarili), corrispondente all’estensione del terreno con capacità di semina fino a “nu tuminu” corrispondente a 50 chili di semente. Il concetto di estensione per tutti i terreni era uguale ma la sua valutazione in danaro era in ragione della tipologia di coltura es. uliveto, seminativo, frutteto, agrumeto ecc. ecc. Si presume che la misurazione venisse determinata sul posto a mezzo del passo umano, variandolo opportunamente a seconda dell’acclività del terreno. Dunque le tomolate non avevano tutte la stessa estensione, non erano uguali nel senso strettamente matematico e giuridico, ma erano tali secondo il buon senso dei proprietari, venditori e compratori.
o Paricchiata cioè la giornata di lavoro di una “paricchia”, la coppia di mucche che aravano i terreni fino alla fine degli anni ‘50, sostituite poi con l’avvento del trattore.
Le misure di peso (l’attrezzo utilizzato era “a statja” ovvero la stadera che solo poche famiglie possedevano
o l’unza corrispondeva a 43 grammi;
o a libbra corrispondeva a 443 grammi per pesi superiori si usava “a pisa”;
o a pisa corrispondeva a 5 chili;
o u mienzu cantaru corrispondeva a 50 chili;
o u cantaru corrispondeva a 100 chili.
Misure dei prodotti da giardino
o u tuminu per le patate
o u carricu (il contenuto di due “cofineddhe” gerle di forma cilindrica circa 40 cm. di diametro e 70 cm. di altezza di canna e verga intrecciate utilizzate per la frutta, per l’uva
o a mbrazzata utilizzata per la legna o per la verdura di alto fusto per esempio i “i cavuli” il contenuto cioè delle due braccia di un uomo di media statura.

19 November 2008

NOTIZIE STORICHE

FOSSATO SERRALTA

E' un comune in provincia di Catanzaro con 660 abitanti e ha una superficie di 12,3 chilometri quadrati. Sorge a 722 metri sopra il livello del mare. Fossato Serralta è uno dei comuni della Comunità Montana della Presila Catanzarese.
Il comune è a 17 chilometri da Catanzaro.

Storia

Le origini.
Pare che i primi abitanti della zona giunsero nel III sec. a.C. Non si hanno notizie certe in proposito. I primi elementi storici risalirebbero al VII sec. E' sufficientemente noto che in questo periodo i monaci basiliani costruirono molti monasteri in Calabria. Tra questi quello di Santa Maria delle Serre, a 500 metri di distanza dal Monte Panaro. Esistono ancora i ruderi di tale monastero. Si hanno notizie relative al 981 quando gli abitanti delle zone marine, in seguito alla incursioni turche, si rifugiarono nella zona conosciuta come Serra Alta. Qui fortificarono l'area abitata, scavarono tra i boschi di castagne e querce, creando fossi profondi e larghi (da qui il toponimo). Grazie a questi accorgimenti difensivi le incursioni saracene diminuirono sensibilmente, infatti, non si registrano altri atti di distruzione e Fossato rimase ben nascosta e riparata nella sua serra. In epoca medievale il borgo si allargò notevolmente, tanto da diventare il paese più popoloso e ricco sulla sponda destra del fiume Alli. Verso il 1100 Fossato fu elevata a Università di diritto Romano-bizantino. Da questa innovazione politica derivò grande prestigio per il borgo. L'Università si basava sul consenso popolare. Ogni anno si eleggevano il sindaco e due fiduciari, paragonabili alla figura dell'assessore.

Le baronie mantenevano, però, il proprio potere. Molti i soprusi. I delitti rimanevano sempre impuniti e la delinquenza si diffondeva. Intorno al 1300, sotto il governo di Carlo d'Angiò, i villaggi circostanti (Sorbo San Basile, Maranise, Savuci, Noce e Pentone) passarono sotto la tutela amministrativa e politica fossatese. Le dominazioni, spagnola prima e francese poi, misero il paese in ginocchio. Furono molti i fossatesi che si sacrificarono per la liberazione del proprio paese. Fossato fu colpito da diverse alluvioni: 19432, 1946, 1951 e soprattutto da quella del 1953 che danneggiò gravemente l'abitato. L'unica chiesa in paese, costruita nel 1839, fu rasa al suolo. Il ministro dei lavori pubblici Merlini, si recò di persona a Fossato per constatare i danni. Si avviarono così i lavori per edificare 36 alloggi popolari. Molti sfollati furono ospitati da famiglie che ricevettero un contributo dall'Amministrazione comunale.

Pentone si distaccò da Fossato Serralta nel 1838 e Sorbo San Basile nel 1850. Noce tra il 1943 e il 1946, fu completamente distrutta e scomparve, in conseguenza di alluvioni.
Maranise, nel corso del secolo scorso fu sede notarile, nella piccola frazione primeggiava l'industria della concia delle pelli e quella della filanda della lana.

Un artigiano tessile produceva la tradizionale "flandina", panno di lana pesante che, naturale o colorato, dava ottimo tessuto per vestiti invernali nonchè caratteristiche ed ottime coperte.